Dieci cortometraggi, di durata compresa tra gli undici e i trentacinque minuti, tutti diretti da donne. Due stagioni, andate in onda sull’emittente televisiva Canal+ nella notte tra il 25 e il 26 ottobre 2008 (la prima parte) e tra il 27 e il 28 giugno 2009 (la seconda). Un esperimento audace, con il quale provare a raccontare le varie diramazioni del sesso, utilizzando un occhio femminile pronto a scontrarsi con gli stereotipi dell’erotismo, troppo spesso ridotto a mero strumento di uso e consumo maschile. Un prodotto pensato per un pubblico eterogeneo ma in prevalenza rivolto proprio alle donne.
Diciamolo subito: un progetto come questo merita considerazione, se non altro per il coraggio e la bontà delle intenzioni. In Italia non sarebbe mai stato possibile nemmeno concepire una simile miniserie, costruita con immagini che in molti momenti travalicano i confini del soft porno per approdare nei territori dell’hard, utilizzando strutture narrative ardite e inquadrature assai più esplicite di quanto si potrebbe pensare.
Dieci episodi, si diceva; nelle recenti versioni della raccolta pubblicate in Dvd, compresa quella uscita in Italia grazie alla sempre attenta Ripley’s Home Video, ne sono rimasti però soltanto otto. Mancano infatti all’appello Le bijou indiscret, ritirato dal mercato per una causa legale intentata da una nota multinazionale di giocattoli, e Pour Elle, interpretato nientemeno che da Victoria Abril: l’attrice, dopo aver accettato la parte, ha infatti preteso che il cortometraggio avesse una circolazione limitata; precauzione discutibile e piuttosto inutile, dato che le scene più spinte dell’episodio sono comunque tranquillamente visibili in rete nei più famosi siti specializzati nel porno.
Ne restano dunque otto: Vous désirez, in cui una donna immagina di fare sesso con un’amica in una stanza circondata da luci soffuse; Se faire prendre au jeu, in cui una coppia inizia a guardare un film hard in Tv e si dedica a un amplesso imitando passo per passo i movimenti degli attori sullo schermo; Peep show heros, in cui una ragazza, il giorno del suo compleanno, si regala un’avventura di sesso con due uomini in un locale, spiata da numerosi altri avventori; Enculées, dove una ex cassiera di supermercato rimasta senza lavoro approccia il mestiere di escort, con la preoccupazione di dover accettare richieste di rapporti anali e così giocoforza sperimentare una pratica mai testata prima; Samedi soir, in cui una coppia fa sesso scambiandosi di ruolo, così che la donna assuma la parte dominante e l’uomo ne sia sottomesso; Le beau sexe, dove una donna immagina un infuocato incontro con un uomo misterioso la cui voce si insinua nella sua mente portandola oltre i confini dell’eccitazione; Les filles, in cui tre ragazze sboccate e volgari sono rifiutate da un uomo che preferisce la compagnia di una donzella tanto dolce quanto timida; infine À ses pieds, in cui una seducente donna trascina un uomo in un labirinto di piacere e perversione mostrandogli le sue grazie soltanto alla fine del pellegrinaggio, senza però concedersi compiutamente.
Abbiamo già sottolineato la bontà delle intenzioni del progetto. Appare però evidente come un ensemble di questo tipo, per la natura stessa che lo contraddistingue, non possa che condurre verso una marcata eterogeneità stilistica, veicolo di risultati qualitativi inevitabilmente altalenanti e quindi non sempre soddisfacenti. A conti fatti, volendo stilare una sorta di parziale classifica di merito, si può notare come gli episodi migliori siano quelli più misurati e raffinati, in cui l’audacia dei contenuti non deraglia verso la schietta pornografia; in questo senso vanno senz’altro citati l’iniziale Vous désirez, di Caroline Loeb, capace di mostrare una lunga masturbazione e un susseguente rapporto saffico con una messinscena estremamente elegante e soffusa, tutta giocata sulle ombre, i controluce, i sospiri e le carezze, e Le beau sexe, di Tonie Marshall, intrigante sogno a occhi aperti molto ben interpretato da Marie Pape, in cui la mente si apre all’immaginazione, in un trionfo di desiderio pronto a manifestarsi in ogni istante, davanti a un tango ballato in Tv così come in metropolitana, solleticando il prurito dispettoso che corre tra le gambe e torturandosi nell’attesa di poter esplodere in un orgasmo paradisiaco.
In altre occasioni la ricerca dell’Eros al femminile assume connotazioni metaforiche, come nel caso di Enculées, girato in modalità docufiction, in cui la regista Laetitia Masson parte dalla storia della ex cassiera in procinto di diventare escort per compiere una riflessione sulla sodomia come simbolo delle mancanze e delle paure che spesso accompagnano tutti noi nonché l’autrice stessa, impegnata a filmare la meccanica dei corpi senza poterne però carpire il definitivo segreto. Il sesso anale diventa così l’esplicitazione del piacere negato, della privazione, della liberazione del corpo e dell’anima, in quello che a tutti gli effetti risulta essere l’episodio più complesso (nonché il più lungo a livello di minutaggio), non disprezzabile ma con un vago senso finale di cerebralismo non proprio necessario.
Gli altri corti non comunicano straordinari spunti d’analisi, a partire dal pessimo Peep show heros di Helena Noguerra, girato con uno stile esplicito, molto vicino al videoclip e assai poco sopportabile, per continuare con Se faire prendre au jeu di Lola Doillon, in cui la tematica dell’amplesso svolto imitando gli attori in azione sullo schermo diventa un facile appiglio per dieci minuti di vero e proprio hard, con tanto di fellatio, cunnilingus e penetrazione, senza peraltro trasmettere nessuna particolare emozione. Les Filles di Anna Mouglalis (Grazie per la cioccolata, Romanzo criminale) sviluppa idee quantomeno arbitrarie (le scene di sesso estremo che scorrono sui televisori del locale dove si stanzia la storia), mentre Samedi Soir di Zoe Cassavetes, figlia del grande John, propone il ribaltamento dei ruoli per affrontare la non scontata variante di un uomo sodomizzato da una donna, lasciando in dote un vago senso di abbandono e malinconia.
Il finale, nell’edizione pubblicata dalla Ripley (l’ordine è diverso rispetto alla originaria messa in onda), è lasciato al nome più conosciuto, quello di Mélanie Laurent (Tutti i battiti del mio cuore, Parigi, Il concerto, Bastardi senza gloria). L’attrice si pone dietro la macchina da presa per À ses pieds, titolo che peraltro non si avvicina neanche a tematiche feticiste, mostrando invece con discreta efficacia e buona mano registica il vagabondaggio di un uomo che rifiuta una serie di eccitanti situazioni erotiche comodamente a sua disposizione, nel tentativo di raggiungere l’unico vero (s)oggetto del suo desiderio, un Angelo della Lussuria che però può essere soltanto guardato e ammirato dietro a un vetro, a una distanza tanto minima quanto impossibile da colmare; come a dire che l’irresistibile fascino dell’Eros, dopotutto, risiede anche (e soprattutto?) in ciò che non si può avere.
Molto bello quest’articolo di Alessio Gradogna sulla miniserie X Femmes realizzata da artiste donne e oggetto di diverse critiche imbarazzanti delle solite bigotte, che ancora gridono allo scandalo per scene fortemente erotiche ai limiti (e non) della pornografia. Una descrizione ben dettagliata di una miniserie televisisa francese che in Italia non si sarebbero mai sognato di realizzare e nè tanto meno di pubblicare. Ma mi sorprende però l’ipocrisia di Victoria Abril, una delle attrici più brave del cinema spagnolo che ha deciso inutilmente di pretendere che il suo cortometraggio “avesse una circolazione limitata“. Non ha senso questa sua pretesa perchè ormai Pour Elle è di dominio pubblico e nascondersi non serve, anzi questa sua decisione fa apparire anche lei bigotta, ma non è il caso, visti i suoi film, in cui le parti più intime del suo corpo sono sempre ben in mostra. Giudicate voi questo delizioso clip (scene porno tagliate) in cui la bella cinquantenne Victoria Abril (nel 2009 aveva 50 anni) mentre viaggia in un treno è fortemenete attratta da un uomo. Quando scende saluta il compagno, giunto ad attenderla, e gli chiede di invitare il fortunato viaggiatore a casa loro, come quando si regalano dei fiori, un anello o una cena alla propria donna. E’ una vendetta femminile della coraggiosa regista Blanca Li, in cui è l’uomo l’oggetto del piacere della donna, atavicamente schiavizzata.