Kika – Un corpo in prestito (1993) , undicesimo lungometraggio di Pedro Almodóvar è una pellicola che, cercando un’impossibile fusione tra melò, thriller psicologico e dramma in salsa kitsch, invece di proporre una rivisitazione postmoderna dei propri modelli, finisce per degenerare in una farsa a tratti irritante e sconclusionata. Lo scrittore assassino, il figlio pieno di problemi con il trauma della morte per suicidio della madre e le pulsioni sessuali incontrollate sono elementi privi di appeal messi al servizio di una premeditata volontà di stupire a tutti i costi. Lo sguardo cinico verso la TV spazzatura è uno spunto interessante che si perde in un mare di banalità.
Ramon, fotografo pubblicitario di biancheria intima, si trova di fronte alla morte della madre e di lì a poco subisce un attacco cardiaco che lo fa sembrare morto. Nicolas, amico della madre, fa intervenire la truccatrice Kika per prepararlo alle esequie. Ne nascerà un rapporto a tre (Nicolas/Kika/Ramon). Mentre Andrea (una giornalista televisiva così immersa nel proprio lavoro da essersi fatta innestare sulla testa una telecamera) è sempre alla ricerca di scoop per il suo programma “Il peggio del giorno”, Kika viene violentata da Paul, fratello della sua compagna di appartamento.
A lui si devono la fama di Marisa Paredes a livello europeo e quelle di Rossy de Palma, Victoria Abril, Penélope Cruz, Miguel Bosé e tanti altri.
Tantissimi sono gli interpreti non iberici che vogliono e hanno lavorato con lui: Peter Coyote, Angela Molina e la nostra Francesca Neri.
Due anni dopo, nel 1995 presenta Il fiore del mio segreto, film minore ma con un’eccellente Marisa Paredes, (che ritroveremo nelle vesti di Huma in “Tutto su mia madre”) straordinaria nel ruolo di Leo: donna sola, moglie tradita, scrittrice affermata di romanzi rosa, in preda ad un ripensamento professionale prima, esistenziale subito dopo. Perfettamente a proprio agio nel ruolo, l’attrice spagnola sa rendere vero e sincero il drammatico percorso di Leo, prima il lutto della perdita, poi la rinascita e la consapevolezza del proprio autentico Io. Tutto il film è fondato su un unico personaggio, Leo, che attraverso la drammatica elaborazione del distacco dal marito, scopre se stessa o meglio finalmente si riconosce, libera dal peso del passato. La storia di tradimenti e di abbandoni è lineare, persino ordinaria, se vogliamo, ciò che la eleva sono l’attrice protagonista e l’inconfondibile regia.
Carne tremula (1997) è un film di svolta che, all’interno di una cornice politica appena percettibile (l’incipit nel 1970, in pieno regime franchista), sviluppa il tema dell’impotenza fisica ed emozionale delle figure maschili. Questa perdita di soggettività in relazione alle disavventure del desiderio è ben rappresentata da Victor (Liberto Rabal) che va a lezioni di sesso per vendetta, David (Xavier Bardem) paralizzato dalla cintola in giù e Sancho (Josè Sancho) un alcolizzato che tocca la propria compagna solo per picchiarla.
🙂 continua (clikka sotto sulla quinta pagina)