Paz Vega: icona sexy del cinema spagnolo

Paz Vega, una delle più celebri icone sexy del cinema, viene identificata quasi sempre come Lucia, da quando 17 anni fa’ fece impazzire gli uomini, quale protagonista del film  di Lucía y el sexo di Julio Medemi.  E’ una di quelle donne del cinema che  rimane scolpita per sempre nella mente;  una bellezza spagnola eccezionale, occhi neri e profondi, una deliziosa fossetta sul mento, un corpo mozzafiato e uno sguardo di amante focosa, … agita bene e viene fuori una di quelle donne conturbanti destinate a rendere inquietante la vita degli uomini. Ex nuotatrice, figlia di un matador, a 15 anni esordisce a teatro con La casa di Bernarda Alba, un’opera di Federico García Lorca. Un anno dopo, al termine della sua carriera scolastica, si iscrive al Centro Andaluz de Teatro, in cui studia recitazione (1992). Tuttavia, per non perdere l’appoggio finanziario dei genitori, frequenta anche un corso di giornalismo all’università. Nel 1997 prende parte a sei episodi della serie televisiva brillante Menudo es mi padre, in cui interpreta Olga, giovane cantante di rumba. Dopo la miniserie Mas que amigos e il dramma Compañeros, esordisce al cinema nel 1999 con Zapping e con una piccola parte in Sobreviviré di Alfonso Albacete e David Menkes. Nel 2001 recita in Solo mia di Javier Balaguer. Ma il successo arriva nello stesso anno  sotto le succinte vesti di una donna in crisi in cerca della propria identità, nella conturbante Lucía y el sexo di Julio Medem. Questo controverso personaggio la consacra come una delle icone sexy del terzo millennio. L’intensa performance le frutta molteplici premi, tra cui il Chopard Trophy al Festival di Cannes ed il Goya Award, entrambi conquistati come migliore rivelazione dell’anno.. L’anno successivo, dopo quella “fisica”, arriva la consacrazione “tecnica”, grazie al film Parla con lei di Pedro Almodóvar, quasi contemporaneamente appare in Novo di Jean-Pierre Limosin e  L’altro lato del letto di Emilio Martínez Lázaro. Nel 2003 è la protagonista di Per amare Carmen (Carmen), di Vicente Aranda. non allontanandosi troppo dal ruolo di icona erotica posta sempre al centro dell’attenzione che l’ha resa celebre in patria e all’estero. Nel 2004 l’attrice spagnola fa il suo esordio ad Hollywood con la commedia Spanglish ma anche per lasciarsi affascinare da un attore in declino incarnato da Morgan Freeman, in 10 cose di noi. Nel 2007, tenta di proteggere i suoi cari dall’abominio dei turchi in La masseria delle allodole, per la regia dei fratelli Taviani. In seguito, la Vega è davanti alla macchina da presa della sig.ra Smith (Jada Pinkett) nel drama-movie The Human Contract, ed è una spogliarellista assassina in The Spirit, diretto da Frank Miller. Nel 2009 lavora in Triage accanto a Colin Farrell. Nel 2010 interpreta Antonella D’Agostino in Vallanzasca – Gli angeli del male, film di Michele Placido che tratteggia la vita del criminale del più celebre e temuto degli anni ’70. Nel 2012 ha la parte di Maria Maddalena nel telefilm di Giacomo Campiotti Maria di Nazaret. Nel 2013 fa parte del cast del film di Pedro Almodovar Gli amanti passeggeri.  Nel 2015 gira il film per la televisione Il caso Novak

Lucía y el sexo

Una storia di luce e buio, di sole e luna, di cielo e mare, ambientata in un luogo lontano dalla realtà, come se fosse un romanzo  e costruisce un intreccio di personaggi che si muovono sull’isola scoprendo loro stessi illuminati dall’intensa luce del sole, e nascosti nella notte in cui la luna rappresenta l’unico spioncino che consente allo spettatore di realizzare ciò che sta accadendo.
Il sesso, protagonista anche nel titolo, scandisce con l’emozione e la passione la vita di Lucia e rappresenta per lei l’elemento di purificazione, che le consente di fuggire in un mondo fantastico, lontano da quello che sta vivendo. E’un sesso mostrato, mai celato anche nei minimi particolari, ma non è mai morboso e fastidioso. E’ l’unione dei corpi, in contrapposizione al distacco e alla lontananza.

 

Per amare Carmen

Tratto dal romanzo Carmen di Prosper Merimèe, il regista spagnnolo Vicente Aranda racconta con dignitoso e gelido mestiere la storia del poeta francese, portato dal destino ad essere testimone di una vicenda piena di passioni. Quella tra Carmen, donna dalla natura libera ed enigmatica e di una bellezza calda e mediterranea e il sergente Josè, giovane dal carattere impulsivo che lo porterà ad essere protagonista ed egli stesso vittima di una fatale catena di eventi straordinari. Dall’amore alla passione incontrollabile alla gelosia, al sangue.
Il film non è stato mai tradotto in italiano. Il sottotitolo è una nostra creazione.

 

Parla con lei

Una storia d’amore e morte, d’amicizia e solitudine. E’ un melodramma asciutto e vibrante, che completa la parabola di Pedro Almodóvar dalla sfrenata commedia kitsch degli esordi al tocco raffinato e dolente della maturità. Un percorso che si era già compiuto nel precedente film “Tutto su mia madre”, dove il regista spagnolo aveva commosso il pubblico fino al pianto, perché, come lui stesso sosteneva negli anni Ottanta: “Sia il cinema che le lacrime hanno lo stesso sesso. Tutto il resto è ginecologia”. “Parla con lei” è un film che rigurgita amore: un amore carnale, feticista, pieno, incontrollabile. Anche di fronte alla morte. Ed è proprio questo connubio tra eros e thanatos a pervadere il film. E alla fine, come sempre, a prevalere è quella “legge del desiderio” che Almodovar aveva già evocato nel titolo di uno dei suoi più celebri film.
Almodovar racconta l’amore disperato dell’infermiere Benigno per la ballerina Alicia, rimasta in coma dopo un incidente stradale. Un rapporto impossibile, proprio come quello del giornalista Marco con la torera Lydia, che si è suicidata nell’arena per amore di un altro. Il Caso vuole che i due uomini si incontrino proprio in ospedale e che tra loro nasca un’amicizia tra le più commoventi mai viste sul grande schermo. Un’amicizia che sorge dalla solidarietà degli innamorati non corrisposti, ma soprattutto dai recessi più inquieti della solitudine. Almodovar rovescia lo spartito dei suoi film: non sono più le donne a immolare se stesse per preservare la felicità dell’amato. Stavolta, i protagonisti sono gli uomini, mai così sensibili, umani, commossi. Dopo una prima fase un po’ “lenta” il film prende quota in un crescendo di emozioni: angoscia, nostalgia, passione si intrecciano in una multiforme gamma di linguaggi, dove c’è posto anche per il teatro-danza (le coreografie allegoriche di Pina Bausch), per il divertissement cinefilo (una miniatura in bianco e nero di un film horror nello stile Universal degli anni Trenta) e per la canzone (una struggente esecuzione di Caetano Veloso). Almodovar scava con tremore nell’arte del melodramma, dove l’amore più è contrastato più si fa contagioso e straripante. I personaggi danzano le proprie storie proprio come nei balletti della Bausch, mantenendosi sempre sull’orlo dell’abisso, talvolta precipitandovi. A muoverli è un destino oscuro, crudele e malinconico. E per un melodramma classico non può non essere il teatro il luogo in cui l’azione cinematografica ha inizio e termine. Giù il sipario: il miracolo di Almodovar si è ripetuto ancora.

 

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