I due film, successivi della Muti sono un evidente passo indietro rispetto all’importante pellicola d’autore. “Come una rosa al naso” (1976) di Franco Rossi è comunque una pellicola interpretata insieme ad attori di grosso calibro come Vittorio Gassman, Lou Castel, Adolfo Celi e Alessandro Haber. Gassman è un ristoratore siciliano, ormai inglese di adozione, ma le cose cambiano quando la famiglia gli manda la cuginetta Lucia (Muti) per aiutarlo a espandere l’attività. La pellicola è una commedia ironica che vuole affrontare con leggerezza il tema mafioso, ma non sempre ci riesce.
“Il mio primo uomo” (1976) di Mario Camus è una produzione spagnola che rende meglio con il titolo originale de “La joven casada”. Ornella Muti si trova a interpretare una giovane infermiera amante del figlio di un primario e che sposa il padre, mentre il ragazzo è in Africa. Al ritorno del figliastro riprende con lui una torbida tresca amorosa. Si tratta del solito melodramma alla spagnola che in Italia è stato addizionato di numerose scene sexy per inserirlo in un genere in voga.
“Eutanasia di un amore” (1977) di Enrico Maria Salerno è un ritorno ad alti livelli per una pellicola delicata che racconta la crisi di una coppia, dove la Muti è una studentessa con desiderio di maternità. Tony Musante è l’interprete maschile che vorrebbe obbligare la Muti ad abortire perché non vuole avere figli. La storia è tratta dal romanzo omonimo scritto da Giorgio Saviane, il quale collabora alla sceneggiatura. Per Mereghetti si tratta solo di un melodramma stonato, pretenzioso e superficiale, a tratti persino ridicolo anche per colpa dell’inespressività dei due protagonisti. Non condividiamo. La stampa rosa parla a lungo di un flirt tra la Muti e Musante, ma forse certi articoli vengono suggeriti per il lancio pubblicitario della pellicola.
“Morte di una carogna” (1977) di George Lautner è un noir violento ambientato a Parigi che vede la Muti sul set accanto ad Alain Delon (nuovo flirt attribuito dalla stampa), Maurice Ronet, Stéphan Audran, Klaus Kinski e Mireille Darc. Non è un gran film. “I nuovi mostri” (1977) di Ettore Scola, Dino Risi e Mario Monicelli, è un ritorno alla commedia d’autore, anche se la Muti recita solo nell’episodio “Autostop” diretto da Monicelli, insieme a Eros Pagni. Ornella è una bella autostoppista che viene uccisa da un commesso viaggiatore perché rifiuta di sottostare alle sue richieste erotiche. Il film è composto da quattordici episodi che cercano di indagare su piccole e grandi meschinità dell’italiano medio, ma l’operazione risulta meno efficace di quindici anni prima (“I mostri” di Dino Risi).
“Primo amore” (1977) è un’altra commedia d’autore diretta da Dino Risi, dove Ornella Muti è la servetta Renata che si lega al vecchio attore Picchio (Ugo Tognazzi), ospite di una casa di riposo per anziani artisti. Renata vorrebbe fare la soubrette e scappa con il vecchio amante che vagheggia di un impossibile ritorno al lavoro. Un buon film, velato di nostalgia per il passato e per un mondo che non c’è più.
“Ritratto di borghesia in nero” (1977) di Tonino Cervi è girato interamente a Venezia ed è ambientato nel 1938, durante il periodo fascista. Mattia è un giovane pianista (Stefano Patrizi) che ha una relazione con la madre (Senta Berger) di un suo amico, ma a un certo punto s’innamora della bella e viziata Elena (Muti). La rivalità sfocia in tragedia e il melodramma si consuma quando Elena uccide la donna. Le autorità fasciste insabbiano l’inchiesta per evitare lo scandalo, così Elena e Mattia finiscono per sposarsi. La pellicola è tratta dal racconto “La maestra di piano” di Roger Peyrefitte, ma la sceneggiatura è opera di Cesare Frugoni e di Goffredo Parise. La pellicola è un vero e proprio dramma erotico che gode di un’atmosfera decadente e morbosa, ma non è consigliabile la versione televisiva perché priva delle sequenze erotiche. Si tratta di una delle pellicole più scabrose interpretate dalla Muti che nel finale è protagonista di una scena saffica insieme a Senta Berger.
“La stanza del vescovo” (1977) di Dino Risi vede ancora Ornella Muti accanto a Ugo Tognazzi e per la stampa rosa c’è di che sbizzarrirsi per inventare una storia d’amore tra i due attori. Il film è tratto da un ottimo romanzo di Piero Chiara (che partecipa alla sceneggiatura) ambientato a Luino, sul Lago Maggiore. Tognazzi è un marito succube della moglie (Gabriella Giacobbe) che si innamora della bella cognata (Muti) e si fa aiutare dall’amico Marco Maffei (Patrick Dewaere) per gli appuntamenti galanti che si tengono a bordo della sua barca. A un certo punto la moglie di Tognazzi viene trovata morta e l’amico comprende di essere stato usato. Il film è fedele al romanzo di Chiara e gli sceneggiatori De Bernardi e Benvenuti sono bravi a ricrearne l’atmosfera cinematografica. Tognazzi è grande come sempre quando si tratta di interpretare personaggi meschini e patetici, coinvolto nelle sue passioni erotico-culinarie. La Muti non si lascia fotografare spesso senza veli, ma il film è un successo di pubblico notevole.
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