Masters of Sex – Seconda Stagione
Rieccoci al laboratorio a luci rosse di William Masters e Virginia Johnson con la seconda stagione di Masters of Sex, la serie Tv con Michael Sheen e Lizzy Caplan nei panni dei pionieri della sessuologia moderna.
La seconda stagione di Masters of Sex è più accattivante della prima. A parte la presenza di personaggi secondari dagli intrecci particolarmente interessanti, il vero motore narrativo, è la difficile e astrusa relazione tra Masters e Johnson, che raggiunge un tale livello di complessità da rendere impossibile staccare gli occhi dallo schermo quando i due attori mettono in scena il loro impeccabile e complesso repertorio di ambiguità e quel rapporto particolare di attrazione/repulsione che ha portato lo show ad un altissimo livello di preferenze.
In questa stagione il rapporto tra Bill e la sua attraente compagna di ricerca si ristabilizzerá, li vedremo fare sesso in una stanza d’albergo, ma come afferma Bill solo a scopo di ricerca. Entrambi in una prima parte negano che tra di loro ci sia un legame affettivo, in una seconda parte vedremo Virginia tentare di convincere Bill che tra di loro non è solo lavoro, ma il Dottore continuerá a negare l’esistena di alcun tipo di sentimento; mentre Libby si invaghisce di Robert, il fratello nero della tata assunta da lei per badare al piccolo Jhonny.
La prima stagione ha introdotto la coppia di protagonisti e il loro rapporto di passione e odio. William, ginecologo di successo, glaciale e scontroso, intrappolato in un matrimonio piatto e infelice, e Virginia, madre single, determinata a farsi strada, e con una visione emancipata e consapevole del sesso. Li unisce la passione per la ricerca che iniziano insieme, contro tutti, in un ospedale popolato da bigotti. Vogliono scoprire cosa provano le donne durante l’orgasmo.
E proprio le donne, piuttosto che il sesso, sono la parte più interessante della serie, ambientata alla fine degli anni ’50. Succubi come Libby, la moglie di Masters. Frustrate come Margaret (la bravissima Allison Janney), sposata con il rettore Scully, incapace di ammettere la sua omosessualità e di darle piacere. Discriminate come la dottoressa DePaul, che ha ormai rinunciato a farsi rispettare dai colleghi. C’è poi il ritratto ironico e amaro delle prostitute che partecipano alla ricerca per racimolare qualche soldo in più.
Eppure, lo show ha preferito virare verso un pseudo-romanticismo, concentrandosi sulla storia fra William e Virginia (non è un mistero che i due nella vita reale si siano sposati). Il burbero dottore si invaghisce ben presto della sua segretaria e, nel finale di stagione, si ritrova davanti alla sua porta di casa, di notte, sotto la pioggia, a confessarle che l’unica di cui non può fare a meno è lei.
La relazione fra i protagonisti è al centro anche della seconda stagione. Nella prima puntata, William e Virginia hanno ormai una storia clandestina, cominciata quella famosa notte che entrambi continuano a rivivere nella loro testa. A voce, però, preferiscono dirsi che è solo per il bene dello studio. Intanto, Libby continua a scontrarsi con la glacialità del marito, che non dimostra il minimo slancio di affetto nei confronti del figlio appena nato, anzi sembra che lo detesti. Ma la parte più interessante dell’episodio è quella che racconta la disperazione del rettore Scully, che decide di provare l’elettroshock per «curare» la sua omosessualità.
Episodio 1 – Parallax
Dopo il suo licenziamento, William Masters (Michael Sheen) ha dichiarato a Virginia Johnson (Lizzy Caplan) di non poter rinunciare a lei, dopodiché hanno fatto l’amore, e Virginia ha scaricato per telefono il suo spasimante Ethan Haas (Nicholas D’Agosto): sa benissimo che lui potrebbe offrirle una vita matrimoniale serena, ma ciò che le importa maggiormente, e che la soddisfa, è il suo lavoro con William. I due cominciano quindi a frequentarsi in un hotel fuori città, ma mettono in chiaro che il loro legame è basato proprio sul lavoro, e che non ci saranno complicazioni di altro genere. Nel frattempo, William vede suo figlio come un estraneo, e non se ne prende cura nemmeno quando si trova da solo con lui, lasciando l’incombenza a sua madre Estrabook (Ann Dowd); esasperato dalla sua presenza, le confessa di avere una relazione con Virginia, e la donna decide quindi di tornare in Ohio, mentre Libby (Caitlin FitzGerald) – ignara di tutto – è costretta a cercare una babysitter. La sua dedizione nei confronti del marito è però costante, ed è anche grazie a lei – e all’aiuto del ricco Gene Moretti (Greg Grunberg), che gli è sempre riconoscente – se William riesce a farsi assumere presso il Memorial Hospital, dove il viscido Dr. Douglas Greathouse (Danny Huston) è ben felice di accogliere i suoi studi sul sesso. In realtà, William avrebbe voluto parlarne con il suo amico Barton Scully (Beau Bridges), ma i tentativi di sradicare la sua omosessualità – persino con una “terapia” a base di l’elettroshock sono falliti, e Barton ha cercato d’impiccarsi in cantina. È stato salvato da sua moglie Margaret (Allison Janney), che ora lo protegge e congeda William con una scusa.
Intanto, Virginia accetta di vendere pillole dimagranti per sbarcare il lunario, ma non ha molta fortuna; come se non bastasse, in ospedale girano delle maldicenze sul suo conto, e molti dottori tentano di “rimorchiarla” con una certa volgarità. In compenso, però, un medico chiede la sua consulenza perché vuole utilizzare la stessa tecnologia impiegata negli studi sul sesso, e questo le permetterà di guadagnare qualcosa in più.
La puntata si apre con Bill e Gini insieme e si chiuderà sempre con loro, in procinto di entrare in quell’hotel ormai diventato il loro rifugio.
Distanti, separati, entrambi impegnati a vivere vite a metà che non desiderano, e che esplicitano sempre di più quanto la loro condizione mal si concili con i nuovi sviluppi intercorsi sia tra di loro che con il resto del mondo.
È una puntata ricca di fragilità e di fratture, questa Kyrie Eleison, raccontate con tatto e in modo quasi impeccabile. Tutti i personaggi si trovano in posizioni delicate e cercano di reagire a queste come meglio credono, incappando spesso in altri disagi, ma soprattutto faticando a trovare una propria dimensione in una realtà diversa da quella che hanno vissuto fino a questo momento. “Signore, abbi pietà”, come a dire che nel bel mezzo del cambiamento siamo tutti vulnerabili e passibili di errore, ma che questo non può e non deve diventare la nostra vera identità: perché nonostante tutto noi non siamo la nostra parte peggiore.
Bill comincia il nuovo lavoro al Memorial Hospital, dove conoscerà la sua nuova assistente. Nel frattempo Virginia è sempre più divisa tra il ritornare ad essere la segretaria di Masters o stare accanto alla dottoressa DePaul, le quali condizioni non fanno che peggiorare.
Episodio 3 – Fight
“Due rapporti soddisfacenti per ambo le parti, un atto di autoerotismo, il tutto sullo sfondo di un gioco di ruolo”
Questa è la fredda e secca definizione di Virginia, di quello che è avvenuto nella loro camera d’albergo in cui abbiamo assistito a uno storico incontro di boxe.
Il parallelo tra i due pugili e lo strano gioco di ruolo in cui Bill e Virginia si sono calati è stato sublime. I nostri due protagonisti ci hanno portati pian piano nelle loro vite, fingendo di parlare dei signori Holden e della loro ordinaria vita matrimoniale. Abbiamo visto i due amanti entrare in una camera d’albergo per consumare il loro rapporto sessuale e ci siamo ritrovati, gradualmente, senza neanche accorgercene, a commuoverci per il cuore spezzato di Virginia e per l’infanzia rubata di Bill.
Sullo sfondo, un match, dove un vecchio pugile che sembra spacciato, cerca di avere la meglio sulla nuova leva che gliele suona di santa ragione. Da qui le domande sulla tattica: l’attacco sfrontato del giovane, contro una difesa che mira in realtà ad innervosire l’avversario e diventa quindi anch’essa un attacco
Ed è così che gli amanti diventano i pugili e i pugili gli amanti, in una lotta fatta di orgoglio, dolore e sopportazione.
Episodio 4 – Dirty Jobs
Virginia (Lizzy Caplan) è ansiosa di riprendere gli studi sulla sessualità presso il Memorial Hospital, ma William (Michael Sheen) non è ancora riuscito a convincere il viscido Douglas Greathouse (Danny Huston) ad assumerla, nonostante lui sostenga di averne parlato con il consiglio di amministrazione dell’ospedale. Ma Douglas è interessato soltanto ad assistere alle prestazioni sessuali dei soggetti volontari, e non prende sul serio la ricerca di William e Virginia: così, raduna alcuni colleghi per osservare una giovane donna che pratica l’autoerotismo, ma William, sentendosi sminuito nel suo lavoro, lo prende a pugni sul volto, e Douglas gli giura che da ora in poi non riuscirà mai a trovare nessun ospedale del Midwest che sia disposto ad accoglierlo.
Virginia, nel frattempo, riesce a malapena a pagarsi l’affitto, ed è costretta a vendere pillole dimagranti per sbarcare il lunario. Il Dr. Austin Langham (Teddy Sears) ha visto lei e William nell’hotel dove si recano per fare l’amore, e ha capito subito che hanno una relazione clandestina: convinto che lo sappia già, ne parla con la Dr.ssa Lillian DePaul (Julianne Nicholson), che si sente segretamente tradita da Virginia, e la incalza per farle confessare questo segreto. Virginia, però, non dice nulla, e Lillian, convinta di non avere la sua fiducia, decide di cedere il programma per la diffusione del pap test al Dr. Papanikolaou (René Auberjonois), inventore dell’esame stesso. Austin parla con William, e gli consiglia di non abbandonare la sua famiglia per una relazione extraconiugale, ma lui ha ben altro per la testa: sua moglie Libby (Caitlin FitzGerald) si sente minacciata dall’abilità della giovane tata Coral (Keke Palmer), e la costringe a lavarsi i capelli con uno shampoo antipidocchi perché sostiene che sia stata lei ad attaccarli al piccolo John; inoltre, ora William deve cercare un altro lavoro, e l’unico ospedale disposto ad assumerlo è il Buell Green Hospital, un istituto afroamericano. Parallelamente, Gene Moretti (Greg Grunberg) scopre che sua moglie Betty (Annaleigh Ashford) non può avere figli, e le confessa che non si è innamorato di lei perché la credeva una “brava ragazza cristiana”, ma semplicemente perché la considerava la sua anima gemella…
La stessa Libby, peraltro, si sta rivelando sempre più affine a tali “principi”. La sua trasformazione in casalinga frustrata lascia qualche perplessità (nella prima stagione sia era dimostrata mentalmente ben più aperta), ma gli sceneggiatori sono bravi a concentrare il suo livore su piccoli dettagli, come la pronuncia del verbo ask (“chiedere”) nel parlato di Coral, o la questione dei pidocchi. Certo, questo mutamento appare strumentale: William e Virginia diventeranno sempre più simili a una vera coppia, e la caratterizzazione di Libby come personaggio meschino, quasi un’antagonista che agisce in seno alla vita di William, renderà molto più accettabile (a livello empatico) la futura separazione dei due coniugi… ammesso che la serie riesca ad arrivarci.
Di grande tenerezza, all’opposto, è invece la vicenda che riguarda Gene e Betty: il momento in cui si confrontano durante la cena, e lui le confessa di averla conosciuta in un bordello (dimostrando così di non avere pregiudizi sulle sue origini), è alquanto toccante, e concede per la prima volta una sfumatura emotiva a due personaggi che, finora, avevano svolto la funzione di spalle comiche. D’altra parte, anche le figure di contorno meritano una dignità caratteriale.
Episodio 5 – Giants
La puntata di questa settimana si apre con Libby che va a trovare Virginia, perché è preoccupata per il loro uomo in comune, che ha davvero trovato lavoro all’ospedale per neri.
A casa Moretti tira ancora una brutta aria, infatti Gene dorme su un divano; nella speranza di risolvere i loro problemi, Betty gli propone di adottare un bambino.
Virginia, intanto, litiga con la dottoressa Depaul, che ha perso la stima che nutriva per lei.
Betty e Gene ricevono una visita: si tratta di Helen, una vecchia amica di Betty, ma la donna non sembra molto felice di rivederla.
Bill è riuscito a far assumere anche Ginny nel suo nuovo ospedale, ma quando lei prova a proporre di interrompere la loro partecipazione allo studio, Bill la ricatta proprio con il lavoro.
Betty, intanto, affronta la sua amica Helen e prova a convincerla a lasciar perdere l’idea dell’appuntamento a quattro organizzato da Gene. Scopriamo così che le due non erano amiche, bensì amanti, ma si sono lasciate perché non è esattamente una passeggiata essere una coppia lesbica nel 2014, figuriamoci negli anni sessanta.
Libby ha ancora problemi con Coral: ha ricevuto la visita del suo fidanzato, che non ha apprezzato per niente il trattamento subito dalla giovane e Libby si è sentita minacciata, quindi decide di parlarne con la ragazza e di scusarsi con Robbie, il suo fidanzato, ma così facendo peggiora solo le cose, perché è con Coral che dovrebbe scusarsi.
Betty è incastrata in un appuntamento a quattro con suo marito, la sua ex e un altro uomo, ma durante la serata i ricordi tornano a galla e Betty è costretta a rifugiarsi in bagno per ritrovare il controllo sulle sue emozioni. Helen, però, la raggiunge e le due si baciano.
Libby parla con Bill di tutto ciò che è successo con Coral e Robbie, ma il marito giustamente si mette dalla parte della tata.
Al nuovo ospedale di Bill, intanto, la convivenza tra pazienti di colore e pazienti bianchi causa dei problemi, così la sala d’aspetto viene divisa a metà, in modo che non si debbano mescolare, un po’ come dentro una lavatrice, ma questa soluzione non piace a Bill e nemmeno a Charles, il suo nuovo capo: lui ha assunto un medico bianco perché voleva forzare l’integrazione, voleva che i suoi pazienti neri si abituassero alla presenza dei bianchi e viceversa, quindi non accetta l’idea di Bill di occuparsi di più pazienti di quell’ospedale che dei suoi vecchi pazienti.
Episodio 6 – Blackbird
La puntata si apre su William e Virginia, intenti in uno dei loro personali esperimenti per lo studio, scena che ci viene presentata in parallelo con la seduta di radioterapia di Lillian. La donna si rende conto che il suo medico non le sta prestando nessuna attenzione, quindi inizia ad inventare cose senza senso sulla sua vita, dimostrandosi sorprendentemente fantasiosa e divertente. Virginia scopre che non solo il suo nuovo capo ha staccato i volantini dalle bacheche, ma che ha anche impedito al personale di colore di partecipare allo studio. Bill, allora, decide di affrontarlo, ma Charles ha le sue buone ragioni: teme che il suo ospedale venga associato con vecchi studi che venivano fatti sulle persone di colore, torture più che vere ricerche scientifiche.
Betty, intanto, sta organizzando una festa per il marito, che ha concluso un affare molto vantaggioso, ma Gene è pensieroso e non è in vena di festeggiamenti: ci ha pensato su, e il fatto di non poter avere figli da Betty è dura da digerire, ma non è entusiasta nemmeno all’idea di adottare e per lui è abbastanza anche se saranno solo loro due per il resto della vita.
Libby è ancora incastrata nel suo piccolo dramma casalingo: non può fare a meno di spiare Coral e Robbie ogni volta che viene a prenderla, un po’ invidiosa del loro rapporto, un po’ preoccupata perché Robbie le fa paura. Prova a parlarne con Bill, ma il marito non riesce proprio a capirla e le dice di sistemare le cose con la tata.
Betty ed Helen hanno ripreso la loro relazione, all’insaputa dei rispettivi partner, ma non sono tutti rose e fiori: Betty vorrebbe che Helen lasciasse Al e che, in pratica, le facesse da amante, ma la donna non ci sta e propone ad Al di sposarla.
Bill e Virginia decidono di parlare con una giornalista di colore, in modo da rendere chiare alla comunità le loro intenzioni e il motivo del loro studio, scavalcando Charles, il loro nuovo capo, ma quando Bill e la donna s’incontrano per l’intervista, la giornalista ha scavato per bene nel suo passato e ha intenzione di scrivere un articolo che ha molto poco a che fare con lo studio e più con alcuni fatti della vita di Bill.
Dopo aver convinto il suo medico a dirle sinceramente cosa l’aspetta, Lillian litiga con Ginny perché ha deciso che non ha senso lottare contro il cancro, visto che non ci sono cure e che le sue condizioni non faranno altro che peggiorare fino a condurla alla morte; ha deciso anche di escludere Virginia dalla sua vita, perché non vuole che la veda in quelle condizioni.
Virginia si confida con Bill in lacrime e finalmente li vediamo davvero in intimità: l’uomo l’abbraccia e la ascolta, facendo del suo meglio per consolarla, e i due si baciano per la prima volta da quando si conoscono.
Libby ha fatto delle ricerche su Robbie e ha scoperto che l’uomo è stato arrestato tre volte. Non vuole che un pregiudicato stia vicino a lei o a suo figlio, quindi affronta Coral, che però si schiera ancora dalla parte del suo uomo. Le due donne litigano e, quando Libby la va a cercare a casa sua, scopre che Coral le ha mentito per tutto il tempo, perché in realtà Robbie non è il suo fidanzato, ma suo fratello, quindi la licenzia.
Betty è ferita dalle ultime mosse di Helen, quindi decide di escluderla dalla sua vita e chiede al marito di fare lo stesso con Al, in modo da non doverli vedere mai più. Gene ne parla con il suo amico, che gli confida di aver visto Betty e Helen baciarsi, quella volta al ristorante e Gene non la prende molto bene.
Virginia non ci sta a farsi escludere dalla vita di una delle poche amiche che ha, quindi va a trovare Lillian e la obbliga a farla entrare in casa. Riesce anche a farla aprire un po’ e Lillian le confida alcuni ricordi della sua infanzia. Infine, Ginny la mette a letto e le rimbocca le coperte. sembrerebbe tutto a posto, ma quando Virginia torna indietro perché ha dimenticato qualcosa scopre che Lillian ha tentato il suicidio con i sonniferi. Per quanto sia doloroso per lei, Virginia sceglie di rispettare la terribile scelta dell’amica.
Bill, intanto, affronta l’editore della rivista per cui lavora la giornalista che l’ha intervistato, perché vuole che l’articolo non venga pubblicato, ma l’uomo non si lascia intimidire da lui. Bill arriva anche a mentire circa ciò che ha scoperto sulle persone di colore durante gli esperimenti, ma niente sembra funzionare, così William lo minaccia usando la propria reputazione di medico bianco molto affermato.
Gene affronta l’adorata moglie, da cui ha avuto poco altro che bugie su bugie, ma adesso vuole la verità.
Come se tutto ciò che abbiamo visto fin’ora non fosse sufficiente, a chiudere la puntata ci pensa Bill. L’uomo si vergogna profondamente per quello che ha fatto e va a casa di Ginny, ma lì non ci trova la donna che ama , bensì il nuovo spasimante di Virginia, l’uomo che ha conosciuto nella hall dell’hotel, dove si era fermata a guardare la fine dell’incontro di box.
Questa è l’ennesima dimostrazione (qualora ce ne fosse ancora bisogno) che non mi ero sbagliato sul conto di Viginia. Per lei scopare è uno sport che non ha per niente a che vedere con i sentimenti. Bill non può quindi far altro che correre a casa da sua moglie e da suo figlio con il cuore spezzato.
Episodio 7 – Asterion
La settima puntata di Masters of Sex affronta un salto temporale che permette ai personaggi di svincolarsi dalla tensione accumulata nei precedenti episodi e farli crescere in maniera continua preparando così il terreno per le ultime tre puntate della stagione.
Asterion, con i suoi sbalzi temporali, porta un contribuito inedito alla serie della Ashford che ci permette di assistere ai grandi cambiamenti dei personaggi che si sviluppano intorno all’apertura della clinica di Bill fino a percorrere diversi anni. Questo viene scandito dalla carriera di Betty , dai vari affittuari che si alternano in base alle tendenze dell’epoca fino alle musiche che si intrecciano nella puntata.
In tutta questa struttura temporale si muovono i nostri personaggi da cui si riesce a trarre una vera conclusione solo ad episodio finito. La guerra non dichiarata di Bill e Virginia continua nei momenti di “tregua” che entrambi hanno portandoli a veri scontri in cui la maggior parte delle volte Bill la ferisce con forti parole e lei con i fatti, uscendo con altri uomini. Da questo malessere il dottore capirà di essersi fortemente invaghito e di condurre una vita di “doveri” nei confronti di Libby, infatti la passione è qualcosa che solo Virginia sa scatenare e lei dal canto suo soffre la crudeltà di Bill e comincia a fargli mancare la dolcezza dei gesti quotidiani, come sistemargli il papillon. Capisce quanto stia diventando patetico il voler dividere amore e lavoro quando sa perfettamente che solo Bill riesce a completarla. Il culmine della loro guerra arriva con l’inevitabile resa di entrambi e con le parole di Virginia “è difficile dire quando inizi tu e finisco io”.
Contemporaneamente ai personaggi principali assistiamo all’evolversi di quelli secondari Libby sempre più madre e moglie premurosa che vede le brutte acque economiche in cui sta navigando suo marito e che intuisce, o semplicemente non fa più finta, di come stanno le cose tra Virginia e Bill. Di conseguenza assistiamo al rappacificamento tra madre e figlio, intrapreso superficialmente dal punto di vista delle scene ma cruciale per la crescita di Bill. Ed infine chiude l’evoluzione il Dr Langham che dopo anni di divertimento vorrebbe tornare a casa e chiedere perdono alla moglie ma che come molto spesso accade nella vita, è andata avanti.
Asterion sconvolge, piacevolmente, il ritmo narrativo intrapreso precedentemente eliminando un vortice di emozioni da serie “rosa” che avrebbe potuto prendere piega dopo la scoperta del “tradimento” di Virginia. Ma rimane ancorato a un’atmosfera di nozioni e di risvolti prevedibili (il rappacificamento tra Virginia e Bill), pertanto i 45 minuti dell’episodio danno l’impressione di aver assistito a tante parentesi, ma non a un vero racconto.
Episodio 8 – Mirror, Mirror
La ricerca di William Masters e Virginia Johnson acquisisce nuove ambizioni in Mirror, Mirror, ottavo episodio della seconda stagione di Masters of Sex, in cui peraltro fa il suo esordio Christian Borle nel ruolo del fratello di Bill.
Mirror, Mirror, ottavo episodio della seconda stagione di Masters of Sex, porta la ricerca di Bill e Virginia su un nuovo livello, non più solo analitico ma anche terapeutico.
Bill è a pranzo con suo fratello Frank, che non vede da anni, e che si è fatto sei ore di macchina da Kansas City per riallacciare i rapporti. Inoltre, lui e sua moglie non riescono a concepire un bambino, e vogliono che sia proprio Bill a occuparsi del trattamento per la fertilità. Seppur recalcitrante, Bill accetta, e li accoglie nel suo studio medico alla mattina presto. Virginia e Betty si accorgono che c’è qualcosa di strano in lui, ma non sanno che le sue difficoltà hanno una doppia origine: da un lato, Bill vuole mantenere il riserbo sull’arrivo di Frank, e dall’altro continua a essere tormentato da problemi d’impotenza. La sua curiosità si accende quando Virginia suggerisce di estendere la loro ricerca anche ai soggetti con disfunzioni sessuali (impotenza, vaginismo, eiaculazione precoce o ritardata), studiando terapie o altri interventi per curarle. Lo stesso Lester, peraltro, confessa di soffrire d’impotenza da quando la sua ragazza lo ha lasciato per un produttore hollywoodiano, e Bill decide che è arrivato il momento di attribuirgli il giusto riconoscimento per il suo lavoro, dato che lui resta sempre invisibile dietro alla macchina da presa: gli chiede di sedersi davanti all’obiettivo e di raccontare quale ruolo svolge all’interno della ricerca, la cui portata innovativa è per lui di grande ispirazione.
Intanto, però, Bill e Virginia hanno bisogno che il capo della polizia entri nel consiglio d’amministrazione della clinica, in modo da renderla esente dal pagamento delle tasse. Per convincerlo, Libby accetta di aiutare sua moglie a procacciare nuovi fondi per la cerimonia del Veiled Prophet Ball, e riesce a raccogliere ben trecento dollari: come risultato, spinto dalla moglie, l’uomo acconsente a entrare nel consiglio d’amministrazione. Parallelamente, Libby viene ricontattata da Robert, il fratello di Coral, che le chiede di testimoniare in un caso di aggressione a sfondo razziale, a cui lei ha assistito in prima persona. All’inizio rifiuta, ma in seguito ci ripensa e decide di aiutare la vittima.
Virginia, dal canto suo, tenta di aiutare Barbara Sanderson a superare i suoi problemi di vaginismo, e scopre che la loro origine è psicologica, poiché affonda le radici nei giochi sessuali che la donna faceva con suo fratello quando erano piccoli. Con l’aiuto di Bill, le fissa un appuntamento presso lo psicologo più importante di St. Louis, ma Barbara non ha alcuna intenzione di svelare la sua intimità a un estraneo, soprattutto un uomo, così, Virginia pensa bene di andarci al posto suo, fingendo di essere lei. Inoltre, decide di riprendere gli studi per specializzarsi in psicologia. Bill, nel frattempo, continua a inventare scuse per evitare i rapporti sessuali, mentre suo fratello mette in chiaro che non vuole nessun altro dottore come medico curante: la sua intenzione, infatti, è di restaurare il loro antico legame.
In ogni episodio affiora un nuovo trauma per Bill, rafforzando le fondamenta del suo carattere irrequieto, insoddisfatto e sostanzialmente nevrotico, colmo di aggressività passiva. La sua proverbiale riservatezza lo spinge a tenere nascosta la vera identità di Frank, anche se il fratello, al termine dell’episodio, decide di tendergli la mano per ricostruire un sano rapporto familiare. Di certo, però, questo conflitto va ad aggiungersi al problema fisico che lo tormenta, l’impotenza. Costantemente in preda a un silenzioso delirio egotistico, Bill non è in grado di ammettere la sua disfunzione, allo stesso modo in cui non riesce a confessare – nemmeno a suo fratello, che soffre dello stesso disturbo, di avere una conta degli spermatozoi piuttosto bassa, da cui traggono origine le sue difficoltà nel concepimento. Si tratta di problemi che lo stesso Bill considera demascolinizzanti, in linea con un ambiente storico-sociale che ancora venera il mito della virilità, e attribusce il marchio dell’infamia sotto forma di debolezza e scarsa mascolinità a chiunque ammetta di soffrirne. Michael Sheen è bravo a lasciar trasparire la curiosità del suo personaggio e i suoi tentativi di mascherarla ogni volta che l’argomento entra nella conversazione, e la sceneggiatura inanella alcune sequenze di dialogo molto efficaci, oscillanti fra l’ironia e l’intimismo, come nel montaggio alternato in cui Lester e Barbara raccontano le loro disfunzioni sessuali a Bill e Virginia. Quest’ultima, fra l’altro, prosegue la costruzione della sua identità professionale, e conferma la portata innovativa delle sue idee. Se è vero che i personaggi femminili sono l’avanguardia del cambiamento, Virginia ne incarna l’emblema: non solo suggerisce di estendere la ricerca nel campo delle disfunzioni, ma propone di affrontarle anche da una prospettiva psicologica, pur scontrandosi con le solite rimostranze di Bill, che in tal senso è più conservatore. Anche lui, però, è capace di aperture inaspettatamente “empatiche”: c’è qualcosa di tenero nella solidarietà che scorre tra lui e Lester, due uomini gravati dal medesimo disturbo, e questo sentimento latente diventa palese quando Bill decide di mettere l’operatore – per la prima volta nella sua vita – al centro della scena, riconoscendo il suo contributo nella ricerca. Non più abbagliato dalle luci di Hollywood (dove «producono sempre le solite storie»), Lester ha ormai trovato la sua fonte d’ispirazione in Bill e Virginia, ed è orgoglioso di poter documentare il loro lavoro.
In tale contesto, Libby recupera improvvisamente credibilità. L’evoluzione del suo personaggio suscita però alcuni dubbi, poiché soggetto a una caratterizzazione ondivaga e volubile: dopo la sua recente metamorfosi in figura odiosa e pregiudizievole, ora pare assumere nuovamente una personalità dolce e di più ampie vedute, disposta a scalfire la sua rigida natura wasp per aiutare la comunità afroamericana. Queste sottotrame dimostrano le notevoli ambizioni di Masters of Sex, che aspira a ritrarre un’intera epoca nella varietà dei suoi conflitti etnici e sociali, definendone la vera identità attraverso i pregiudizi e le lotte intestine che si agitano dietro all’ipocrisia perbenista della classe media. In fondo, le implicazioni della sessualità si estendono ben oltre i confini del talamo nuziale (o dei sedili ribaltabili di un’automobile), e i personaggi della serie ne portano le cicatrici in ogni risvolto della loro vita quotidiana.
Episodio 9 – Story of My Life
La particolarità dell’episodio è che i nostri protagonisti prendono coscienza dei loro problemi tramite l’osservazione e l’analisi delle vite di altri personaggi. Lo fa Bill con Lester, Virginia con Barbara, Francis con Bill, Libby con Pauline.
La povera Barbara è vittima di terapie improvvisate e, a poco a poco, sempre più ricordi riaffiorano, con le conseguenti difficoltà nel capire quali siano quelli veri e quelli indotti dal senso di colpa. Bill è deciso a curarla fisicamente, Virginia è invece convinta che potrà guarire solo intervenendo sulla sua mente e sul trauma che le ha provocato la malattia.
Lester, dopo un’esperienza decisamente negativa con una prostituta, rifiuta di essere un mero spettatore della propria vita, scegliendo di aspettare una persona che lo metta a suo agio e lo aiuti a superare la sua disfunzione nel modo giusto.
Vedere Francis evocare suo padre come si fa con un fantasma, raccontare di lui, raccontandosi a sua volta a suo fratello è molto emozionante. Poco importa se Francis voglia davvero perdonare Bill o se una parte di lui desidera che si senta in colpa; certo che attraverso le sue parole, i suoi occhi e la sua dolorosa ironia diventa facile capire la vita di inferno vissuta dai due fratellini.
Sparire per non far arrabbiare tuo padre, sparire anche quando sei di fronte a lui, sparire bevendo ogni giorno sempre di più fino quasi a morire per smettere di soffrire. Eclissarsi e sopportare è il marchio dei fratelli Masters. Bill non riesce ad ascoltare il racconto di Francis, non vuole credere che abbia passato le sue stesse esperienze perchè, in quel caso, dovrebbe ammettere di aver abbandonato suo fratello e permesso a suo padre di torturare anche lui. Preferisce pensare di essere stato l’unica vittima di questa brutta storia, piuttosto che ammettere di aver avuto paura di affrontare suo padre ed essere scappato da tutto quel dolore. “Chi credi di rappresentare in verita’ in quella storia, Bill? Me o lui? Lui ti ha abbandonato e tu hai abbandonato me”.
Molto bello anche il racconto di Pauline e di come una donna semplice e ignorata da tutti, possa fare la differenza. Non stupisce che sia stata fonte di ispirazione per Libby, viste le similitudini con la sua situazione. “E’ stato bello fare qualcosa che nessuno pensava fossi in grado di fare. Lui pensa che io gli abbia salvato la vita, ma in realta’ stavo salvando la mia“. La consapevolezza di poter fare qualcosa di utile, nata nello scorso episodio, si concretizza in Libby che si lancia in questa avventura da sola, con entusiasmo e spirito di sacrificio. Si intuisce però che il suo impegno nella difesa delle persone di colore ha un volto ben preciso ed è quello di Robert.
Finalmente, nel finale, Virginia mette alle strette Bill, affermando ad alta voce che il loro rapporto non ha più nulla a che vedere con il lavoro. Non volendo, lo costringe però ad ammettere quello che lui cerca di nascondere da mesi, ovvero la sua impotenza.
Episodio 10 – Below the Belt
Virginia, dopo essere riuscita a confessare allo psicanalista il suo inganno, si trova a fare i conti con alcune sue questioni personali che forse preferirebbe mettere a tacere. Ovviamente lei si rende conto di essere nel torto, di avere una vera e propria relazione con Bill e che continuare a negarlo non porterà da nessuna parte. Lo psicanalista la porta di fronte all’inevitabile confronto chiedendolo se forse, dopo aver ingannato tutti quanti, Libby in particolare, Virginia non stia ingannando anche se stessa.
“Nel pochissimo tempo in cui e’ stata qui, ha ammesso di aver ingannato due persone: me, facendo finta di essere qualcun altro…e la moglie del suo amante, portando avanti una relazione a sua insaputa. C’è qualcun altro che crede di aver ingannato?”
Migliore invece è stata la gestione del rapporto tra Frank e Bill che prima o poi, inevitabilmente, sarebbero arrivati a confrontarsi così. Interessante il personaggio di Frank, quasi un uomo di fede, una fede cieca e che non sa cogliere le sfumature, ancorato al suo nuovo sistema di certezze in cui c’è spazio solo per la redenzione e il perdono, una volta stabilito che l’unico vero male, radice di tutti i problemi è l’alcolismo e che tutta la sua famiglia ne è afflitta. È stato stupendo a questo punto vedere la reazione di Bill che ha ribaltato tutte le mie aspettative, tirando fuori, come ormai succede spesso, il peggio di sé, cercando di distruggere tutte le sicurezze del fratello e trasformandosi, tristemente ma definitivamente, nel padre tanto odiato. Alle ammende di Frank, Bill contrappone una furia cieca, alla redenzione Bill contrappone il dipinto di un padre mostruoso perché così voleva essere, una figura quindi che non può essere in alcun modo perdonata e che ha lasciato segni così profondi nell’indole dei figli da essere l’unico vero male che tuttora li affligge.
Lo scontro tra i fratelli che non riescono a comunicare perché vedono solo la loro parziale verità, si conclude con una lotta, pugni sangue e insulti.
L’errore che fanno un po’ tutti in questo episodio è quello di aspettarsi di essere salvati da qualcuno. Bill dice a Virginia che lei è l’unica che può guarirlo ma la vera guarigione avviene solo quando lui stesso affronta la verità, ammettendo di aver sbagliato. La vicinanza di Virginia e il suo accettarlo per quello che è, fanno il resto.
Episodio 11 – One for the Money, Two for the Show
“One for the Money, Two for the Show” è anche il verso di apertura di una delle canzoni più importanti e famose del Novecento, Blue Suede Shoes scritta da Carl Perkins nel 1954 e resa famosa dall’esplosiva interpretazione di Elvis Presley. Il brano, interpretato tra gli altri anche da Jimi Hendrix, Ry Cooder, Johnny Cash, George Harrison e Little Tony, è uno dei primi pezzi rockabilly mai composti, nonché un passo fondamentale per l’affermazione della musica rock. Sulle stesse corde della celeberrima canzone si pone il penultimo episodio di quest’annata, che punta fortemente sulla sperimentazione e sulla rottura degli steccati, specie nella messa in scena di alcune battaglie sociali dell’epoca, non ultima quella incarnata dalla figura di Martin Luther King. Last but not least, il titolo è particolarmente evocativo perché rimanda alla riflessione sui media operata dall’episodio, sul rapporto tra realtà e simulacro e sulla rappresentazione come specchio deformato della realtà.
Il finale dello scorso episodio è stato un altro di quei momenti chiave per il percorso di Bill e Gini, una tappa fondamentale circa la loro relazione o non relazione. In passato molti dei litigi, specie quelli avvolti da coltri di ipocrisie, insicurezze e bugie, hanno fatto della ricerca scientifica la pezza a colori per ogni stagione, specie quando la discussione accennava a vertere verso un eventuale sentimento presente tra i due. L’inizio dell’episodio ce li mostra al seguito di una delle tante défaillance di Bill, intenti a rifare il letto; i due non parlano di loro, ma categoricamente rifiutano di inserire l’aspetto scientifico all’interno delle ultime (dis)avventure. È a questo punto che il loro rassettare assieme il letto assume un significato tutto nuovo, ovvero la certificazione del loro essere una coppia molto prima che colleghi, soprattutto in questo caso, nei modi e nelle forme più inconsapevoli, senza darsi etichette di sorta, ma solo grazie a semplici eppure significativi comportamenti.
La partecipazione al programma televisivo è il momento apicale di questo discorso, quello in cui, grazie alla presenza di Libby, vengono fuori tutte le crude verità sul triangolo che i tre da ormai due anni (televisivi) compongono. Con un’azzeccata scelta dei costumi, sottolineata da una precisa battuta di dialogo, le due donne vestono dello stesso colore, segno della loro intercambiabilità. Tuttavia Libby, guardandoli di nascosto fuori campo, capisce che non basta un vestito per essere la donna di Billi e che probabilmente non è più lei (e forse non lo è mai stata) quella meglio attrezzata per essergli a fianco.
La coppia Bill-Virginia in questo episodio viene scandagliata come raramente è stato fatto, specie perché quest’analisi è effettuata sia includendoli nello stesso campo, metaforizzato dalla cornice dell’inquadratura televisiva, sia studiandoli separatamente, approfondendo la loro attuale condizione, i loro conflitti sempre in bilico tra l’audace voglia di superare i confini che li separano e la costrizione all’interno degli stessi. La TV è per Bill un oggetto misterioso, il simbolo della profanazione della propria ricerca, della perdita dell’arcaica nobiltà di cui si sente imbevuto, ciò che lo allontanerebbe dal tanto desiderato premio Nobel. L’estraneità di Bill a questo mondo si manifesta attraverso l’assoluta incomprensione delle sue regole, di cui la censura televisiva è quella che maggiormente salta all’occhio. Dall’altra parte Virginia, molto più a proprio agio con la contemporaneità e tutte le regole non scritte che ne conseguono, è ormai completamente devota alla causa Bill, quasi fosse una missione da compiere; la sua testa appare programmata solo in funzione dell’obiettivo Bill, alla ricerca di un di lui rinsavimento, di una sua nuova sicurezza. Ciò comporta tutta una serie di cose che Virginia colpevolmente mette da parte, prima tra tutte la presenza nella vita dei suoi figli, ormai quasi abbandonati alla babysitter. Solo la prospettiva di perderli, anche se per un periodo di tempo limitato e per una motivazione più che legittima (stare col padre), sembra portarla a riflettere sul suo comportamento, ma sarà in grado di resistere ai calamitanti e iperparanoici complessi di Bill?
In mezzo a tanto dramma, Masters of Sex è capace anche di sdrammatizzare e di farlo alla grande. Non bisogna dimenticare che una delle anime originarie della serie sin dal suo episodio pilota, anche se un po’ messa in secondo piano quest’anno, è quella comica, quella che usa il sesso e la percezione dello stesso nel contesto dell’epoca come generatore di situazioni comiche. A ciò si aggiunge anche il gusto per il paradosso e per il bizzarro, esaltato al massimo dall’interazione tra Austin e Flo, il gigante e la bambina passati attraverso uno specchio deformante, personaggi e persone che non c’entrerebbero nulla l’uno con l’altro e proprio per questo usati perfettamente per creare situazioni divertenti. Oltre ai giochi erotici e al rimpiattino a cui i due non rinunciano, la loro storyline è anche l’occasione per mettere in moto quella macchina di citazioni che la serie ha dimostrato di essere: i due, in particolare lei, giocano con la cultura popolare e soprattutto col cinema, ridendo sugli eterni parallelismi tra i divi dell’epoca, tra Cary Grant e Clark Gable, collegandoli sempre alla costruzione di momenti divertenti che staccano con le situazioni, alcune anche angoscianti, del resto dell’episodio.
“One for the Money, Two for the Show” è però soprattutto caratterizzata dalla presenza della televisione, dello show nello show, dell’analisi del medium attraverso il medesimo medium in una volontaria mise en abyme che sfocia in una riflessione metatestuale tutt’altro che banale. La televisione ragiona su se stessa e Showtime non risparmia frecciate alla TV generalista, in questo caso la CBS, costretta dalle regolamentazioni federali ad applicare una censura decisamente costrittiva, allora come oggi, seppur con le dovute trasformazioni. Andare in TV significa tenere sotto controllo tutta una serie di tensioni alla trasgressione perché la famiglia è la cosa da salvaguardare per eccellenza e la serenità del focolare domestico il valore principale da trasmettere. A ciò è strettamente collegata la fortissima alchimia che Bill e Virginia comunicano durante le loro interazioni, nonostante i comportamenti agli antipodi. Se spesso la TV è stata quel filtro attraverso cui si appare diversi, migliori o peggiori non importa, in questo caso la cornice televisiva funge da catalizzatore delle condizioni dei due personaggi. Se Virginia emerge come una donna moderna, completamente a proprio agio sul set televisivo, estremamente comunicativa e raggiante, Bill è paralizzato, handicappato, un essere inerte davanti all’obiettivo della macchina da presa e privo di ogni segnale di vita che non sia autodistruttivo.
Non è possibile concludere la recensione di questo episodio senza parlare della sua parte più entusiasmante: la storyline che lega Libby a Robert, che nel corso di questi episodi è stata gradualmente approfondita con operazioni di cesello, senza mai esagerare, bensì preparando questo momento alla perfezione. Il climax finalmente arriva, ma non all’improvviso, bensì dopo un ultimo, bellissimo corteggiamento. Dopo aver visto Bill e Virginia così affiatati Libby decide di lasciarsi andare, di vivere definitivamente la sua occasione: tornando a casa con Robert, prima lo protegge da un minaccioso poliziotto; una volta a casa, cerca di levargli la camicia con la scusa di cucirgli un bottone, poi di farlo sedere sul letto, prima di terminare con quell’ultimo intensissimo monologo dopo il quale qualsiasi uomo sarebbe svenuto. Libby si apre come mai le è capitato fino ad ora, confessando tutto il suo spaesamento, tutto il suo disagio verso una vita (la propria) in cui si sente trasparente anche a se stessa, bisognosa di affetto e di considerazione. Dopo una breve pausa segue una bellissima scena d’amore, giustamente non interrotta da nulla, ma vissuta fino in fondo e interpretata magistralmente dalla splendida Catlin Fitzgerald. Il suo personaggio, partito in sordina, è a mio parere quello meglio raccontato in questa stagione.
Libby a Robert (emozionante)
“..io non lo sono mai stata (una ragazzina)…stupida forse, ma mai ragazzina. Mi chiamavano “la piccola donna”. Ero così fiera d’essere brava e seguire le regole. Ero la cocca della maestra. Però poi cresci…non c’è più una maestra da compiacere, devi conformarti a quello che la gente si aspetta da una ragazzina carina. Metti su una bella casa, e cresci dei bambini ben educati. Non ti metti nei pasticci, non crei problemi e tieni la voce bassa. E vai avanti così. Vuoi essere brava e questo ti rende silenziosa, tanto da non ricordare il suono della tua voce. Si dimenticano che ci sei. Anche tuo marito se ne dimentica. Magari è così. Poi incontri qualcuno a cui non piaci molto e che non pensa che tu sia gentile o brava, ma pensa che tu sia ignorante, piena di pregiudizi…e forse è così…in fondo in fondo… e questa cosa che ti spaventava da sempre, che qualcuno possa pensare male di te è quasi un sollievo, perchè alla fine qualcuno si è accorto di te, non sei più invisibile… Io non so chi sono, io non so che cosa sono, non so perchè voglio ciò che voglio. Penso solo che se tu mi baciassi, magari potrei scoprirlo…”
.Nuovi Orizzonti.mkv”>Episodio 12 – The Revolution Will Not Be Televised
Non chiude in maniera soddisfacente la seconda stagione di Masters of Sex con una seconda parte non all’altezza dell’inizio di stagione. Soprattutto perché il peso della narrazione è stato lasciato unicamente nelle mani di Bill e Virginia. Mentre la prima stagione e l’inizio di questa seconda presentavano delle storie secondarie con un peso determinante all’interno del racconto (l’omosessualità di Barton, Ethan, lo studio e la malattia della DePaul, Betty e Gene), affrontate con la medesima attenzione della storia principale, capaci quindi di contribuire ad un universo in grado di esistere anche lontano dai propri protagonisti poiché i personaggi in scena vivevano drammi e contrasti altrettanto forti, le ultime puntate del secondo anno di Masters of Sex sono state pressapoco Bill e Virginia monogravitazionali.
La causa maggiore deriva dal non essere riusciti a costruire degli intrecci in grado di sostenere il confronto delle difficoltà interiori ed esteriori affrontate dai due amanti e dai due studiosi. Austin è e rappresenterà sempre la parte comica del racconto, il momento di alleggerimento; purtroppo in una narrazione così poco miscelata è però risultato assolutamente fuori sincrono e su una realtà completamente diversa. Altro discorso invece per Libby, dove la storia è sì inserita all’interno della plotline Bill e Virginia, ma la prevedibilità del racconto svilisce notevolmente i punti cardine della costruzione dell’arco di trasformazione dei personaggi ed alla fine ci si trova semplicemente ad aspettare che Libby si convinca ad agguantare fra le proprie grazie Robert e la smetta con i soliti giri di parole.
Qualcosa di più interessante da dire invece l’avrebbero avuto Lester e Barbara, attraverso la psicoanalisi, la trasformazione fisiologica del relativo disagio e la relazione che da questi problemi nasce, ma purtroppo la loro sarà una storia che sembra essere destinata alla terza stagione della serie.
Mal gestito il conflitto di Virginia con l’ex marito, tutto riassunto in queste ultime due puntate quando invece si sarebbe potuto spalmare più armoniosamente su tutto il resto della stagione; un calcolo dei tempi che rende quindi tragicomico lo scambio di ruoli all’interno della coppia Bill-Virginia. La decisione di Bill e Virginia di superare le difficoltà attraverso il lavoro ostinato non rende quasi nessuna giustizia al principale conflitto vissuto dalla ragazza, che ora rischia seriamente di perdere l’affidamento dei figli.
La povera Libby affronta nei passaggi di queste puntate il proprio processo di trasformazione, il proprio riscatto sociale; peccato che la storia non sia capace di reggere il confronto con tutto il resto e, come già detto, costringa lo spettatore ad un lento countdown terminato all’undicesimo episodio, dove, finalmente, anche Libby acquista il diritto di intraprendere una relazione sessuale (oltre che emotiva) soddisfacente. La scena più forte di questa linea narrativa potrebbe essere un presagio (o forse no) di quello che vedremo in futuro: Libby che col cappotto addosso saluta i bambini quasi in lacrime prima di uscire di casa sembra molto la semina di un futuro abbandono del tetto familiare e mette la donna in diretto contatto con la propria rivale per l’analoga situazione, l’allontanamento dai figli, che entrambe sembra stiano per affrontare.
Ma mentre per Libby potrebbe essere una libera scelta, per Virginia è il risultato di una serie di scelte negative affrontate al fianco di Bill.
Michael Sheen (William Masters) |
Lizzy Caplan (Virginia Johnson) |
Caitlin Fitzgerald (Libby Masters) |
Teddy Sears (Austin Langham) |
Nicholas D’Agosto (Ethan Haas) |
Annaleigh Ashford (Betty Dimello) |
Beau Bridges (Barton Scully) |
Allison Janney (Margaret Scully) |
Rose McIver (Vivian Scully) |
Ann Dowd (Estabrooks Masters) |
Julianne Nicholson (Lillian DePaul) |
Heléne Yorke (Jane Martin) |
Kevin Christy (Lester Linden) |
Mather Zickel (George Johnson) |
Elizabeth Bogush (Elise Langham) |
Greg Grunberg (Gene Moretti) |
Finn Wittrock (Dale) |
Danae Nason (infermiera) |
Jocko Sims (Robert Franklin )
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Keke Palmer (Coral) |
Betsy Brandt (Barbara Sanderson) |
Artemis Pebdani (Flo Packer) |
Sarah Silverman0 (Helen) |