Marilyn Monroe
Si chiamava Norma Jean, ma per tutti rimarrà sempre e solo Marilyn Monroe, o semplicemente Marilyn, donna e mito intramontabile, sex symbol fuori da ogni tempo, il cui fascino inusuale e invadente va al di là della bellezza e trova la sua ragione in uno sguardo tristemente altrove, come se tutto quello che viveva non accadesse veramente a lei, come se lei non fosse mai veramente presente.
Ogni suo matrimonio, ogni amore, ogni film è segnato dalla sensazione di un fallimento inespresso, ma presente.
Un vagare senza senso, un ansimare a vuoto. Ed è il vuoto, o per meglio dire l’assenza, che più di tutto rafforza la sua immagine rendendola sfuggevolmente perfetta, tragicamente prigioniera di sé e della propria infelicità.
Battezzata con il nome di Norma Jane Mortensen, Marilyn Monroe nasce il 1 giugno del 1926 in un ospedale della contea di Los Angeles.
Del padre non si sa nulla di certo, la madre, Gladys Pearl Monroe, addetta al montaggio di film, non si vuole occupare di lei e, dopo aver cercato invano di farla crescere dalla nonna, l’affida a Wayne e Ida Bolander. Qualche anno dopo, tuttavia, la rivuole con sé.
Norma e Gladys vivono insieme per un breve periodo, finché quest’ultima non viene colta da un grave esaurimento nervoso.
È Grace McKee, amica della madre, che si prende allora cura della bambina fino al settembre del 1935 quando, in seguito al suo matrimonio, decide di mandarla in un orfanotrofio.
La giovane viene quindi affidata a ben 12 famiglie diverse per poi tornare nel 1941 da Grace e restarci fino al suo primo matrimonio a soli sedici anni con James Dougherty, nel giugno del 1942.
Poi lui si arruola nei marines e la lascia sola. Il divorzio del 1946 diventa allora inevitabile.
È una vita difficile fin dagli albori quella di Norma, il senso di abbandono, la solitudine fanno emergere un carattere insicuro, privo di autostima, ma anche un’aggressività e una determinazione appassionata.
La sua bellezza coinvolgente attira un grande dello sport.
Si tratta del giocatore Joe DiMaggio, con il quale avrà un rapporto conflittuale, ma sincero e che sposerà nel 1954 a San Francisco, dopo due anni di corteggiamento.
Lui, marito eccessivamente geloso, non riesce a conciliare il suo carattere al ruolo pubblico della moglie ormai divenuta star, simbolo di una sensualità prorompente.
La famosa scena di Marilyn in cui il vestito è alzato dal vento della metropolitana, nel film “Quando la moglie è in vacanza”, costa alla diva una furiosa lite, senza considerare la reazione dei soldati in Corea che impazziscono davanti alle sue esibizioni. La storia non può durare e infatti i due si lasciano nove mesi dopo le nozze.
Successivamente Marilyn, all’apice del successo, si innamora del drammaturgo Arthur Miller che sposa con cerimonia civile il 29 giugno 1956 e, poi con rito ebraico, due giorni dopo.
L’ambiente intellettuale di Miller, la volontà di essere una moglie all’altezza e di smentire in questo modo l’immagine di oca stupida che Hollywood ha costruito su misura per lei, la rendono ancora più insicura e fragile. Inoltre, dopo essere tornati dall’Inghilterra, in seguito alla lavorazione de “Il principe e la ballerina”, lei scopre di essere incinta, ma è costretta a interrompere la gravidanza per non rischiare di perdere la vita. Abortirà ancora una volta spontaneamente.
Gli squilibri psicologici di Marilyn si aggravano, eccede nell’uso di psicofarmaci e alcol, ha una sbandata per Yves Montand, Miller le regala per San Valentino la sceneggiatura de “Gli spostati”, ma quando le riprese iniziano il rapporto è praticamente all’epilogo. A gennaio del 1961 divorziano in Messico.
È questo l’ultimo matrimonio della grande star, che non disdegna certo le attenzioni, anche durante le unioni ufficiale, di altri uomini come per esempio Marlon Brando e Frank Sinatra.
Le relazioni che tuttavia le creano maggiori problemi sono quelle con i Kennedy, prima John, poi Bob. Amori impossibili avvelenati dalla posizione politica dei due fratelli e dai ricatti che lei aveva iniziato a fare (registrava le telefonate con Bob e teneva un diario privato, pronto per essere reso pubblico nel caso in cui lui non la sposasse). Lo stato emotivo della Monroe degenera, l’unico a esserle veramente vicino è DiMaggio, tanto che, quando lei a febbraio viene ricoverata in una clinica psichiatrica, lui la fa uscire e la trasferisce in un’altra clinica. La stampa scandalistica suppone addirittura la possibilità di una seconda unione tra i due, l’8 agosto si sarebbero dovute celebrare le nozze, ma Marilyn non arriva a quella data e tre giorni prima muore misteriosamente. Il giocatore si occupa dei funerali e per vent’anni, fino alla sua scomparsa avvenuta nel 1999, non mancheranno mai rose rosse sulla sua tomba.
In merito alla sua carriera artistica, a diciotto anni Marilyn è ancora Norma Jean. Lavora alla catena di montaggio di una fabbrica di paracaduti. Ha i capelli scuri e la possibilità di diventare una stella è un sogno lontano e irraggiungibile. Un giorno però la nota un fotografo delle forze armate che la ritrae per la rivista “Yank”.
Subito dopo Norma Jean si licenzia e inizia a lavorare come modella.
Dopo pochi mesi ha già firmato il suo primo contratto con la 20th Century Fox.
Poi si tinge i capelli sotto suggerimento di un impiegato della Fox e cambia il suo nome.
Sarà per tutti Marilyn e per cognome userà quello della madre, Monroe.
Nel 1948 a una festa conosce lo scopritore di talenti Johnny Hyde, l’uomo si innamora follemente di lei tanto da riuscire a farla inserire nei cast di “Giungla d’asfalto” e “Eva contro Eva”.
Nei primi anni della carriera è costretta però anche a posare nuda tanto da essere ricattata una volta giunta la notorietà. La sua foto osé sarà pubblicata sulla rivista Playboy nel 1953.
Dopo una serie di piccole parti e svariate copertine che la rendono popolare, il successo vero e proprio arriva con “Niagara”, “Gli uomini preferiscono le bionde” e “Come sposare un milionario” (1953).
Dopo questi primi successi, il successivo “Quando la moglie è in vacanza” la consacra alla storia con la famosa immagine del getto d’aria che le solleva il vestito.
Nel 1956 Marilyn decide di andare a New York per studiare recitazione all’Actor Studios. Questa esperienza le servirà molto per garantirle non solo l’approvazione del pubblico, ma anche della critica.
“Fermata d’autobus” (1956) e “Il principe e la ballerina” (1959) sono prodotti dalla Marilyn Monroe Production messa in piedi dopo il ritorno da New York.
Da una parte la diva cerca di migliorarsi professionalmente, dall’altra però le continue crisi depressive, l’uso di psicofarmaci e alcol la rendono insopportabile a Hollywood che, nonostante tutto non può fare a meno di chiamarla.
È passata alla storia la pazienza di Billy Wilder sul set di “A qualcuno piace caldo”, costretto a farle ripetere per ben 59 volte la battuta. “dov’è il bourbon?”, convinto, a ragione, che le sue fatiche porteranno a ottimi risultati.
Con questo film l’attrice vince nel 1960 il Golden Globe.
Lo stesso anno Marilyn è sul set di “Facciamo l’amore”, mentre l’anno seguente iniziano le riprese de “Gli spostati”, scritto dal marito Arthur Miller appositamente per lei.
È il 1962 quando iniziano le riprese di “Something’s got to give”, il comportamento di Marilyn sul set, le rare volte che si presenta, è talmente inaccettabile da costarle il licenziamento da parte della Fox.
Grazie all’intervento di alcuni amici viene nuovamente assunta, ma poco prima di ricominciare le riprese viene trovata tragicamente morta tra le lenzuola rosa del suo letto.
Omicidio, suicidio, complotto? Solo ipotesi sulla morte di una delle donne più sognate di tutti i tempi.
Un corpo bellissimo che ormai immobile diventa icona intramontabile di sensualità, trovato senza abiti nella notte tra il 4 e il 5 agosto del 1962 lascia aperte varie supposizioni, mai del tutto accertate.
È vero Marilyn era arrivata a un momento molto difficile della sua vita: bevevo troppo, non si presentava al lavoro, era insofferente e le diverse boccette di pillole vuote trovate sul comodino potevano giustificare la scelta da parte dell’FBI di archiviare il caso come “suicidio”.
Ci si interroga allora sulle motivazioni che hanno lasciato aperte altre vie, percorribili soprattutto per il legame che la donna ebbe con i fratelli Kennedy.
Segreti politici o personali dell’allora presidente degli Stati Uniti possono dare adito al pensiero di un eventuale intervento dei servizi segreti americani. Sicuramente non emergono pulsioni suicide dalle misteriose registrazioni delle sedute della diva con il suo psichiatra. L’ex procuratore John Miner, l’unico che le ascoltò e le trascrisse prima che fossero distrutte e che all’epoca indagò sulla sua morte, a 86 anni le fece pubblicare sul Los Angeles Times riaprendo la teoria dell’omicidio e riesumando una Marilyn più profonda e intelligente di quel che volesse far credere agli altri.
Ancora innamorata di Joe DiMaggio, aperta al sesso tanto da decidere di andare a letto con Joan Crawford, spaventata dalla possibilità che la propria domestica, la stessa che la trovò priva di vita, potesse nuocerle con rivelazioni sulla sua vita privata e preoccupata per i rapporti con i Kennedy, l’attrice muore lasciando dietro sé un alone di mistero che ne rafforza il mito.
Una nuova agghiacciante teoria è emersa ultimamente e lascia intravedere la possibilità di un finto suicidio, trasformatosi poi in tragedia, organizzato insieme agli amici allo scopo di attirare l’attenzione di Bob Kennedy.
Marilyn si sarebbe fidata del suo amico, nonché marito di Patricia Kennedy, Peter Lawford per organizzare il tutto.
Grazie alla legge sulla libertà d’informazione l’FBI ha ormai reso pubblico il resoconto di una telefonata tra Lawford e Robert Kennedy, avvenuta proprio la notte tra il 4 e il 5, in cui quest’ultimo chiedeva se la star, ormai divenuta scomoda, fosse ancora viva.
Informati del “finto suicidio” dovevano essere probabilmente anche il suo psichiatra Ralph Greenson, il press agent Pat Newcomb, la governante Eunice Murray, insomma tutti coloro che mentirono sull’ora del decesso, registrato con quasi sei ore di ritardo!, che la videro negli ultimi istanti della sua esistenza e che vissero in prima persona il ritrovamento del suo corpo ormai freddo.