Léa Seydoux dovrà difendersi tutta la vita da un pensiero, da una insinuazione: che la sua carriera sia stata favorita da relazioni molto strette. Perché Léa – il cui nome per intero è Léa Hélène Seydoux-Fornier de Clausonne viene da due famiglie davvero molto, molto importanti, legate a doppio filo a posizioni di potere nella società francese. Non solo: suo nonno Jérôme Seydoux è ancora oggi il presidente della Pathé, la società di produzione e distribuzione che è letteralmente un pezzo di storia del cinema francese e mondiale ed è la seconda più antica società cinematografica ancora attiva. La prima è la Gaumont e guarda caso è invece stata guidata per decenni da Nicolas Seydoux, suo prozio.
Sarebbe facile immaginare che a una con un cognome così un particina non si nega. Poi però leggendo le interviste, apprendendo della sua infanzia e della sua adolescenza a dir poco travagliate, viene invece da crederle quando dice che si sentiva come un’orfana
“Crescendo mi sento più leggera”, ha dichiarato in un’intervista di qualche anno fa. Perché prima c’è stata parecchia cupezza. I genitori si divisero quando aveva solo tre anni, lei restò con la madre che aveva già tre figli da un precedente matrimonio e faceva condurre loro una vita che venne definita “ascetica”. Il padre si era risposato, aveva avuto altri due figli e per altro aveva rotto con il potente nonno, non vedendolo più per lunghi anni. A scuola Léa veniva vista dai compagni come una marginale. Rinchiusa in una timidezza quasi patologica, non arrivò neppure al diploma, lasciando gli studi. Nessuno – racconta – dava particolarmente attenzione a tutto ciò.
Anche l’inizio della sua carriera cinematografica non sembra dovuto all’accendersi in lei del fuoco sacro della recitazione. Alla scuola di teatro arrivò nel 2005 – ventenne – più che altro perché si pensava che potesse essere una buona terapia per la timidezza. All’inizio ebbe qualche particina, sembra di capire più perché inserita in un giro di conoscenze dove c’erano parecchi attori che per una vera motivazione. Piccole cose: spot pubblicitari, video musicali. Cose che più che altro sfruttavano la sua immagine. Innamoratasi di un attore – e rifiutata – si disse che lo avrebbe impressionato con la sua carriera, quasi per vendicarsi. Poi, piano piano, questa ragazza irrisolta e poco considerata cominciò a capire che proprio la recitazione avrebbe potuto veramente riuscire a farla diventare se stessa.
Senza raccomandazioni, come ha spesso tenuto a sottolineare, già nel 2007 ottiene una parte nel film Une vieille Maîtresse, e l’anno seguente è a fianco di Louis Garrel nel film per la tv La belle personne, in una parte da coprotagonista.
È l’inizio di una vera attività da attrice, ed è l’inizio di un vero crescendo. Il suo volto delicato, bellissimo e molto francese la fa notare e i progetti crescono d’importanza, arrivando sino a piccole parti in notevoli produzioni internazionali Mission Impossible: Protocollo Fantasma e Midnight in Paris, di Woody Allen, su tutti.
Ma i film della svolta sono due: nel 2011 Sister, di Ursula Meier, in concorso (e premiato) a Berlino, la fa notare al pubblico cinefilo, mentre due anni dopo La vita di Adele la consacra davanti a quello internazionale: la giuria di Cannes, presieduta quell’anno da Spielberg, offre al film la Palma d’Oro e alle due interpreti, Léa e la giovane Adèle Exarchopoulous, il premio ex-aequo per la miglior attrice. Non era mai successo che venisse diviso, fino a quella volta.
Da lì in poi Léa Seydoux ha ogni porta aperta: tanto quelle del cinema autoriale che quelle della fabbrica di blockbuster. La sua immagine sempre vagamente distaccata e misteriosa è adatta tanto ai film di Bond – apparirà in ben due di questi, 007 Spectre e No Time to Die, privilegio raro – quanto ai lavori di registi come Wes Anderson o come Giorgos Lanthimos.
La sua ultima apparizione sui nostri schermi è stata con Crimes of the Future, di Cronenberg, ma la vedremo presto anche in Un bel mattino, di Mia Hansen-Løve.
E il 2023 sarà un altro anno di grandi partecipazioni: sarà Emmanuelle nel film omonimo di Audrey Diwan, tornerà a recitare per Cronenberg insieme a Vincent Cassel in The Shrouds, sarà protagonista nel nuovo film fantascientifico di Bertrand Bonello e avrà un ruolo nella seconda parte del Dune di Villeneuve.