C’era una volta il nulla… e poi venne l’essere umano.
Un incredibile salto nel Tempo Geologico, per giungere all’Era Precambriano, cioè un periodo che comprende quella fase della storia della terra antecedente a circa 544 milioni di anni fa. Durante questo periodo, che inizia circa 4.5 miliardi di anni fa, la superficie della terra subì notevoli e importanti variazioni.
La crosta terrestre si suddivise in zolle, dando inizio al processo di deriva dei continenti. Gli oceani, che si erano formati da poco divennero dimora dei primi batteri Aerobici e dei Ciano Batteri, ritenuti responsabili della generazione dell’ossigeno e quindi dell’immissione di questo gas nell’atmosfera, ponendo così le basi per l’evoluzione dei primitivi organismi marini, dipendenti dall’ossigeno. L’immersione degli organismi nell’acqua semplificò notevolmente il veicolare, nelle primitive cellule, degli elementi nutrizionali. Con la diffusione degli organismi foto sintetizzanti, si determinò un sensibile calo dell’anidride carbonica e un aumento dell’ossigeno, tale da consentire la formazione di uno strato di ozono che, bloccando le letali radiazioni ultraviolette, favorì ulteriormente lo sviluppo degli organismi viventi.
Verso la fine dell’Era Precambriano esisteva solo una vita batterica, priva di nucleo cellulare e quindi di un patrimonio genetico, la cui riproduzione era soggetta solo alle leggi dell’auto clonazione (in genere, i batteri si riproducono per scissione, ogni 20-40 minuti). Grazie alla loro semplicità erano in grado di sintetizzare autonomamente le sostanze nutritive necessarie alla loro sopravvivenza e di riuscire, nello stesso tempo, ad adattarsi a vivere in ambienti apparentemente inospitali, in un’atmosfera povera d’ossigeno.
Durante questo autonomo processo evolutivo si verificò uno straordinario evento, la comparsa della respirazione cellulare, che attuando una combustione delle sostanze nutritive, consentì una produzione di energia biologica circa 20 volte superiore rispetto alla semplice glicolisi anaerobia. Lo sviluppo della respirazione cellulare, creò la necessità di uno sfruttamento delle risorse, dando inizio ad una nuova fenomenologia ambientale, cioè la predazione, consistente nella ricerca attiva di energia e di elementi nutritivi. Ciò introdusse notevoli cambiamenti nei rapporti esistenti tra questi primitivi microrganismi, dando inizio a fenomeni di competizione diretta, che introdusse il bisogno dell’omicidio a scopo alimentare e quindi la suddivisione dei microrganismi in predatori e prede.
L’ultima grande conquista, in questa fase iniziale fu che, alcune cellule, nel loro autonomo processo di riproduzione, restarono unite dando origine così alla pluricellularità, ciò garantì una maggiore stabilità strutturale delle cellule (consistente nell’aumento delle dimensioni e della loro capacità rigenerativa) e funzionale (suddivisione delle attività tra i differenti gruppi cellulari), creando così primitive forme di organi e di tessuti. A seguito di questo processo di aggregazione cellulare si formarono le primitive forme di vite, note come invertebrati, cioè prive di scheletro. Siamo ancora molto lontani dalle forme di vita attuali.
Le prime forme di vita.
Solo con l’inizio dell’Era Cambriano (circa 544 milioni di anni fa ) che si ebbe una vera e propria esplosione biologica, che diede inizio a primitive forme di vita, provviste di nucleo cellulare, molto diversificate. Si formarono i Celenterati (oggi rappresentati da polipi e meduse), gli Echinodermi, gli Ostracodi, i Gigli di Mare, le Stelle Marine, le Spugne.
In questo periodo comparvero gli Artropodi, cioè i primi esseri viventi a dotarsi di un esoscheletro in grado di sorreggere il corpo molle, anche se privi di capacità motorie o racchiusi in conchiglie. Ovviamente se li confrontiamo con gli esseri viventi attuali essi appaiono essere molto semplici, tuttavia evolvendosi si trasformarono in animali privi di vista in grado di scavare nella sabbia o svilupparono enormi occhi posti sopra la testa. La loro scomparsa lasciò il posto ad altri Artropodi meglio sviluppati paragonabili agli attuali granchi, gamberi o simili.
All’inizio gli organismi viventi possedevano solo dei fotorecettori in grado di distinguere fra luce e buio, quindi non erano in grado di delineare immagini. Con il trascorrere del tempo questo dispositivo si sviluppa ulteriormente fornendo al primo predatore un organo in grado di fornirgli una qualche visione del mondo circostante. Ciò portò una grande rivoluzione, in quanto questi organismi diffusero il Terrore nelle specie allora viventi, che per sopravvivere dovettero sviluppare altri sensi, adottare nuove strategie e soluzioni difensive fatte di corazze, aculei o ghiandole velenifere. Ciò portò al moltiplicarsi esponenziale delle forme di vita, alcune bizzarre altre meglio organizzate che sono riuscite a sopravvivere fino ad oggi.
Successivamente comparvero gli antenati dei Vertebrati, i Cordati, che nella fase larvale si muovevano nuotando, ma da adulti perdendo la coda (rudimentale colonna vertebrale) erano costretti a restare sul fondo. Tuttavia, alcuni Cordati riuscirono a conservare la coda anche da adulti ed iniziarono a vivere nuotando in superficie. Queste forme di vita primitive erano prive di mascelle ed avevano un’unica narice. Una importantissima svolta, nell’evoluzione dei vertebrati, si ebbe per effetto della trasformazione delle arcate branchiali anteriori in mascelle. Questo evento trasformò una parte della vita animale in carnivori. Su alcune di queste forme viventi si formarono sia le branchie sia rudimentali forme di polmoni, che consentirono loro, durante i periodi di secche, di potersi spostare da una pozzanghera ad un’altra, respirando aria. Ciò segnò la nascita dei primi vertebrati terrestri: gli Anfibi.
Siamo nel periodo Carbonifero, circa 355-300 milioni di anni fa, quando l’Euroamerica era disseminata di paludi e l’Europa si trovava in una zona dell’Equatore ricca di foreste tropicali comprendenti equiseti, licopodi e felci. Queste piante, cadendo al suolo ricoperto di acquitrini, nel giro di alcuni milioni di anni si trasformarono in carbone. In questo ambiente gli anfibi acquisirono le loro caratteristiche definitive. Infatti alcuni si adattarono completamente alla vita acquatica, con zampe piccolissime ma con una possente coda adatta per il nuoto, altri divennero più simili ai serpenti, altri ancora si allontanarono dall’acqua preferendo aree più asciutte delle foreste. Queste forme terrestri svilupparono poderose zampe, adatte all’atto del camminare.
Siamo giunti nel periodo Permiano, circa 300 milioni di anni fa, in cui le paludi tropicali si prosciugarono. I rettili che si erano adattati alla terraferma cominciarono a deporre le uova in buche scavate nel terreno. Fra i rettili dominavano i paramammiferi, un gruppo di rettili carnivori. In questo periodo comparvero anche le prime forme di erbivori. Il loro avvento costituì un evento importante nell’evoluzione dell’alimentazione.
La conquista della terraferma.
Siamo nel periodo Devoniano, circa 410 milioni di anni fa, quando Antropodi, Vermi e Pesci iniziarono ad invadere i fiumi, mentre in vaste regioni ricoperte da acque poco profonde, cominciarono a sopravvivere alcune alghe, dando vita ad una delle primi piante terrestri la Boyofite. Queste piante svilupparono un rigido stelo attraverso il quale, un sistema di vasi, trasportavano l’acqua nel corpo della pianta. Iniziò così la colonizzazione della terraferma da parte dei vegetali provenienti dal mare. L’energia solare consentì ai vegetali di produrre da sé il proprio alimento, combinando chimicamente l’acqua con l’anidride carbonica. Questo sistema portò alla comparsa di due nuove strutture: uno strato esterno impermeabile, per impedire il disseccamento delle cellule e una struttura interna di supporto, per mantenere la pianta eretta.
Circa 360 milioni di anni fa, ci fu un ulteriore grande cambiamento nella vita vegetale. Diverse piante, si erano ormai dotate di spore maschili e femminili che cadendo in acqua, andavano a formare un embrione che trascorreva la prima parte della sua esistenza in acqua. Alcune di queste macrospore femminili, attaccate alle pianti genitrice, furono fertilizzate da microspore maschili trasportate dal vento, formando così i primi semi. Da quel momento le piante non ebbero più bisogno di riprodursi in acqua, iniziando così ad occupare stabilmente la superficie terrestre emersa.
Vaste aree della terra erano ormai ricoperte da foreste e da una ricca vegetazione, gli animali non tardarono a comparire. La terraferma era allora suddivisa in tre masse continentali: Euroamerica, Siberia, e Cina. In ognuna di queste regioni, si ebbe un indipendente processo evolutivo.
Antonio Sammartino